lunedì 20 agosto 2012

Racconti strampalati: Il Giudice pt.1

«Questa giuria considera l'imputato non colpevole!» «Il caso è chiuso!», proclamò il Giudice con la sua voce stentorea, mentre colpiva il tavolo con il suo martelletto di legno. Il giudizio venne accolto dal rumore di una lucertola che sgusciava nell'erba secca fuori dalla finestra. Il Giudice si alzò e uscì dalla sala dove si era tenuto l'ennesimo processo nella sua testa. Nel giro di dieci minuti arrivò la consueta emicrania che lo tormentava dopo le sue allucinazioni. Era come se il suo corpo volesse punirlo per le sue fughe dalla realtà. Sbuffando il giudice rientrò barcollando in casa, si spogliò e si lasciò cadere sul divano. Si domandò quando le cose fossero andate così storte da non lasciargli più via d'uscita. Pian piano gli tornarono in mente, in ordine cronologico, tutti gli eventi che avevano segnato i suoi occhi un po' spenti: Marian; il giorno delle nozze, che coincise con quello della Grande Purga ordinata dal Consiglio; lei che lo chiamava bastardo, porco senza cuore, cane assassino, per aver scelto la Purga invece che lei, ma che poteva fare? La legge è la legge, e lui doveva obbedire. Da lì gli sguardi di paura e disprezzo di amici e vicini, fino al giorno della Fine. La Grande Purga colpì anche la sua cittadina, il suo pacifico nido di vipere. Gli tornarono in mente gli agenti che irrompevano in casa sua, e lui che urlava: «fermi, sono un giudice!» « Lo sappiamo signore, siamo qui per portarla al sicuro.» Ricordò la vista dalla collina, mentre ammirava il fato di ciò che era stato il palco del suo melodramma, il gas che scendeva verso le case, lento e pesante, sterminando ogni singolo essere vivente. Per un fugace istante ripensò a Marian, ma ora lui era il Giudice e doveva sovrintendere anche alla sua morte, per quanto ci fosse già un altro esecutore della vendetta statale. Poi qualcosa dentro di lui si ruppe. Andò dall'altro Giudice e gli disse: «non è meraviglioso, amico mio? Siamo entrambi così vicini alla fine eppure siamo così vivi...» Mentre, quasi senza pensarci, gli sparava un colpo al cuore con la pistola di ordinanza.

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AFTERWORD: Questo è uno dei miei pochi tentativi di scrivere un racconto, e uno dei più riusciti. Non so se scriverò mai una parte due, ma va beh. Eventuali errori di battitura, se presenti sono dovuti al sonno, segnalatemeli.

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