sabato 1 settembre 2012

Rovistando fra pagine gia scritte I: La notte del blackout totale

Un Blackout totale. L'impregnante odore dell'irrazionalità che materializza mostri nel quartiere quasi totalmente al buio. In bocca il sapore della nube grigia, vedersi in un ipotetico specchio molto meno logici di quanto ci si aspettasse, tutto questo è impagabile. La guerra con la parte più masochista di sé, gli sguardi che scattano a destra e a manca. Essere convinti che le sbarre alle finestre siano una protezione troppo blanda, ma andiamo, sappiamo tutti che per l'angoscia del momento anche un Bunker non basterebbe. Come fare? Sappiamo già che questo non è il villaggio degli orchi, e le cicale sono poche e taciturne. Vai al diavolo, dannato fantasma, peto insolente della parte peggiore di se stessi, quella a cui ci si affeziona di più, folletto egoista che rovini sempre tutto. Le ombre sono tele dove la paura dipinge mostri, che restano come fantasmi a ridere, perché la loro presenza è inutile e lo sanno, si limitano a godere dello spettacolo a loro offerto. Come dar loro torto? La paura degli altri è cibo per gli avvoltoi, e la paura di un avvoltoio è cibo per gli altri avvoltoi, che ne spartiscono con il proprietario; cibarsi delle proprie paure e riviverle, un loop pseudo-omicida che porta al sonno, una nebbiosa secchiata di bianchetto che cancella pagine e pagine di paranoia. E la mattina dopo vedrà il sole sferzare gli occhi chiusi, siano essi in grado di aprirsi da soli o con l'aiuto di un coroner, o che magari sono rimasti aperti per un motivo o per l'altro. Alla fine il mare blu e freddo dell'inchiostro inizia ad annegare la paranoia, mentre la paura scopre di non saper nuotare e comincia ad affondare. Al diavolo, catene (il)logiche, buonanotte. Il Blackout è la fine della civiltà moderna. È il coma reversibile in cui finiscono tutti i pilastri della sicurezza del terzo millennio.

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 Questa l'ho scritta durante un blackout totale un paio di mesi fa, e rileggendola ho deciso che valeva la pena riportarla qui. Baci e abbracci.

lunedì 20 agosto 2012

Racconti strampalati: Il Giudice pt.1

«Questa giuria considera l'imputato non colpevole!» «Il caso è chiuso!», proclamò il Giudice con la sua voce stentorea, mentre colpiva il tavolo con il suo martelletto di legno. Il giudizio venne accolto dal rumore di una lucertola che sgusciava nell'erba secca fuori dalla finestra. Il Giudice si alzò e uscì dalla sala dove si era tenuto l'ennesimo processo nella sua testa. Nel giro di dieci minuti arrivò la consueta emicrania che lo tormentava dopo le sue allucinazioni. Era come se il suo corpo volesse punirlo per le sue fughe dalla realtà. Sbuffando il giudice rientrò barcollando in casa, si spogliò e si lasciò cadere sul divano. Si domandò quando le cose fossero andate così storte da non lasciargli più via d'uscita. Pian piano gli tornarono in mente, in ordine cronologico, tutti gli eventi che avevano segnato i suoi occhi un po' spenti: Marian; il giorno delle nozze, che coincise con quello della Grande Purga ordinata dal Consiglio; lei che lo chiamava bastardo, porco senza cuore, cane assassino, per aver scelto la Purga invece che lei, ma che poteva fare? La legge è la legge, e lui doveva obbedire. Da lì gli sguardi di paura e disprezzo di amici e vicini, fino al giorno della Fine. La Grande Purga colpì anche la sua cittadina, il suo pacifico nido di vipere. Gli tornarono in mente gli agenti che irrompevano in casa sua, e lui che urlava: «fermi, sono un giudice!» « Lo sappiamo signore, siamo qui per portarla al sicuro.» Ricordò la vista dalla collina, mentre ammirava il fato di ciò che era stato il palco del suo melodramma, il gas che scendeva verso le case, lento e pesante, sterminando ogni singolo essere vivente. Per un fugace istante ripensò a Marian, ma ora lui era il Giudice e doveva sovrintendere anche alla sua morte, per quanto ci fosse già un altro esecutore della vendetta statale. Poi qualcosa dentro di lui si ruppe. Andò dall'altro Giudice e gli disse: «non è meraviglioso, amico mio? Siamo entrambi così vicini alla fine eppure siamo così vivi...» Mentre, quasi senza pensarci, gli sparava un colpo al cuore con la pistola di ordinanza.

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AFTERWORD: Questo è uno dei miei pochi tentativi di scrivere un racconto, e uno dei più riusciti. Non so se scriverò mai una parte due, ma va beh. Eventuali errori di battitura, se presenti sono dovuti al sonno, segnalatemeli.

martedì 14 agosto 2012

Summer is coming

Summer is coming
The great vastland of sand
The silent scream of the sun
That deprives us of our strenght
When the seagulls cry the sea becomes red
Swarms of scum, ignorant pigs
Bounded to be slaughtered on the altars of judas
Killing days, the bearers of malicious heat
Bringing us to the ride of fire
Bringing us to the silence of empty cities
The bereavement of abandon, empty buildings
The laughter of the invisible demon
Whispering in the air,
The smell of roasted roads follows us everywhere
While our skin weeps under the strike of the sun,
While its great mouth of fire shouts its judgement:
"Your corpse shall be a dry bag of bones,
Your grave shall be the ruins of the suburd"
Left to rot, wandering emptiness
Left in the pit, crumbling will
Waiting for the kite, howling in numbness
Wailing endless days,
In dry pools the reflect of sleep, never to come
The bare loneliness of the city
The sensation of drowing in the melting air
Killing days, the bearers of malicious heat
Stalking days, the true face of solitude



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Ovvero, quando uno odia l'estate. La scrissi all'inizio di questa magnifica stagione , ma la terminai pochi giorni addietro. Godi popolo. [cit.]

lunedì 13 agosto 2012

Sfoghi I

È allucinante la voglia di tagliare la testa alla gente che ti viene in certi momenti.

domenica 10 giugno 2012

No Taitol IV - V

La casa del santo coperta di sterco viene strozzata dall'abbraccio fiammante dell'ultima guerra. Vieni, fantasma di passati astrusi, a tormentare le nostre notti. Come può del fuoco liquido annientare con tanta facilità le pareti di ferro stantio che tengono unito il senso? Ridi, folle incatenato, perché la tua profezia di distruzione è esatta, ridi e cadi pezzo a pezzo. La guerra è per coloro che deridono la pace, e per loro soltanto, che vengano sommersi da una valanga di detriti gli altri. Uno sbadiglio ci seppellirà.

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Vieni, spettro dei pensieri della foschia, apri i cancelli per il mondo dell'intorpidimento, mostraci la quiete dell'istante che mai arriva, fili d'erba in una rete sonnolenta che trasale ad ogni colpo della campana, fontana di suoni irreali come la voce dei cristalli. Lo specchio che divide l'allucinazione da un mondo allucinato e dimentico di essere stato più piccolo di un granello di sabbia. Una canzone risuona e le sue onde sono l'incerto percorso verso la meta che nessuno conosce con certezza.


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Vista la mia totale assenza da mesi a questa parte, due no taitol al prezzo di uno.

sabato 19 novembre 2011

ALL OF THEM

ALL OF THEM, ALL OF THEM, ALL OF THEM ARE WRAPPED IN A VORTEX OF DEATH. ONE BY ONE THEIR FACES WILL BE SWALLOWED BY THE EYE. ALL OF THEM, ALL OF THEM, ALL OF THEM WILL TURN BLACK, ALL OF THEM WILL WITHER TO THE BONES. ALL OF THEM. ALL OF THEM. ALL OF THEM.

martedì 15 novembre 2011

Chiacchiere con pretese filosofiche: Puntata I

Anche se tutti sono della tua opinione non vuol dire che hai ragione. L'ha dimostrato Popper: basta un cigno nero per negare la validità dell'affermazione "tutti i cigni sono bianchi", e quindi basta che io non sia d'accordo con te per negare l'universalità della tua tesi. Ergo: non è detto che tu sia nel "giusto" quando credi in qualcosa. Pensaci, lettore.


EDIT: sì, lo so, scritto così è una boiata di proporzioni papali, ma non mi va di riscriverlo in modo più chiaro.